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Descrizione

Mia è un’aspirante giornalista che svolge il suo praticantato realizzando servizi sull’acuirsi della prostituzione, con la crisi occupazionale del Paese che riversa oltre la frontiera svizzera le italiane, e le strade dello stivale che “luccicano” di più dopo i frequenti sbarchi irregolari. Ma la prostituzione, a dispetto di ogni generalizzazione, non è un discorso né semplice né scontato, e la protagonista che vuole andare a fondo partendo dallo slang del sesso in vendita su Internet (e fuori). Tra offerenti di sesso nuove sul mercato più vecchio al mondo, cifre di denaro espresse in cioccolatini al latte e rose cospicue, Mia realizza una sorta di vocabolario della prostituzione significativo dei tempi tecnologicamente sviluppati e moralmente arretrati che viviamo. I tempi bui dettati pure da tutta l’ipocrisia di un Paese che, negando un discorso in merito alla regolamentazione del “lavoro” sessuale accomune storie diverse perché non tutte sono puttane tra prostitute in rete, in strada e/o indoor mentre si consumano rapporti sessuali (esentasse) del tutto consenzienti o, viceversa, coercitivi. Raccogliendo le loro confidenze, e gli uomini lesti a metter mano al portafogli per un po’ d’amore marcio, o volgare, Mia, tra una donna e l’altra, ore in chat ad indagare l’emporio del sesso su portali in apparenza amichevoli (nei fatti bordelli ai loro interni) dietro un’inserzione tra le migliaia caricate, conosce un uomo addentrandosi in prima persona, un’unica volta, nel mondo dei sentimenti raggirati. Corrotti e più compromessi, spaventati.

Leggi l'estratto

[…] Lavoravo alla mia inchiesta sulle approfittatrici che mietevano vittime maschili riscuotendo, in certi casi, pure fama, successo e solidarietà di parte. Alle altre interviste, parlando con quelle donne sole e disperate, abbandonate da uno Stato che sembrava averle a cuore solamente durante le ricorrenze sfruttate, ospitando certe portavoce discutibili nei salotti edulcorati delle televisioni, poco portate alle questioni profonde delicate. E ancora, non assiduamente come avrei voluto io, c’erano stati gli incontri con Lorenzo. Mentre a cadenza regolare, meglio distribuiti e puntuali, avvenivano gli appuntamenti con l’altro. Alessandro (il suo nome) sta a significare protettore di uomini sebbene lui, dopo avermi incontrata, sembrò appassionarsi solo a me. Per meglio dire, a quel senso di protezione costante che da sempre io cercavo dietro il fallimento annunciato di quanti avevano provato a liberarmi dalle paure, convinti di potermi possedere. Illusi di una sorta di gratitudine nei loro riguardi per il tempo che si erano ostinati a dedicarmi malgrado il mio carattere complesso e particolare: criptico è il giusto termine, stando a chi mi aveva a suo modo affrontato, intestardito a conquistarmi. Il mio direttore, chiaramente non all’oscuro dei miei incontri, tralasciando personali con due uomini che uno strano destino aveva voluto farmi incontrare a distanza ravvicinata, consapevole del mio bisogno di entrambi per non legarmi a nessuno di essi, premeva affinché accelerassi i tempi attribuendo i miei «ritardi comodi» al fatto che mi fossi fatta coinvolgere dalle storie. Alla mia natura portata più alla speculazione che alla cronaca veloce, quando non simultanea dei fatti, perché un tirare le somme sulla regolamentazione della prostituzione e una maggiore sensibilizzazione alla tratta di esseri umani che, con l’incidenza della crisi occupazionale, includeva nuove schiave sessuali, per lui poteva bastare, era sufficiente. «Diamine, Mia, se non è già abbastanza quello che fai. Non stare a sfasciarti la testa tutte le sante volte. Non farmi ripetere». […]